Il cinemascope prende l'aereo
IDENTIFICAZIONE |
Tipologia
materiale a stampa Tipologia specifica
spoglio Segnatura precedente
FM-2017-1022
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INFO PUBBLICAZIONE |
Contenuto in (periodico)
Numero/Annata
anno III, 46, 10 11 1954 Pagina
305-307
Luogo di pubblicazione
Milano
Editore
Cinema Nuovo Editrice
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RESPONSABILITÀ |
autore
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CONTENUTO |
Abstract
Portalupi considera con molta attenzione le potenzialità espressive del cinemascope, ma esprime molte riserve e un deciso scetticismo verso il sonoro stereoscopico associato a questo formato molto ampio. Secondo l'operatore e autore dell'articolo, infatti, la stereofonia consente di posizionare le fonti da cui provengono i suoni anche senza l'aiuto dell'immagine, ma questo nel cinema risulta «innaturale» se non «fastidioso», perché è all'immagine che spetterebbe questo compito; con questo sistema, invece, l'elemento sonoro acquista un'autonomia inaspettata. Per esemplificare gli inconvenienti della stereofonia, Portalupi cita "Gente di notte" e "La maschera di cera" (A. De Toth): nel primo, inadatto allo scope perché girato prevalentemente in ambienti piccoli, la stereofonia produce una sfasatura tra l'unità dello spazio rappresentato visivamente e la precisione con cui le fonti sonore lo frammentano e dispongono il suono «di lato». L'operatore conclude il suo intervento osservando che le produzioni stereofoniche richiedono l'adattamento delle sale e questo potrebbe essere un fattore di affermazione commerciale da parte degli Stati Uniti verso cinematografie economicamente e produttivamente più deboli. Il sospetto con cui viene osservato ogni progresso tecnico nel campo del cinema, soprattutto se passa sotto le spoglie rutilanti della spettacolarizzazione, è l'atteggiamento tipico di Aristarco, sempre pronto a riconoscere le "trame" dell'imperialismo cinematografico americano alla perenne conquista di nuovi mercati.
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CHIAVI DI ACCESSO |
Film
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