Donato alla Fondazione Ugo e Olga Levi dalla sorella Giannina (il cui lascito personale si trova invece conservato alla Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia) il fondo Guido Piamonte è costituito da tre serie: una libraria, una di ritagli stampa e un’ultima contenente miscellanea. Il suo interesse maggiore risiede nei quasi settemila articoli, datati tra gli anni Trenta e Ottanta del Novecento, conservati nella serie Rassegna stampa. La maggior parte di essi reca la firma di Piamonte, in un arco temporale che va dagli anni Trenta ai primi anni Ottanta del Novecento. 

Guido Piamonte (1911-1995), veneziano, uomo di cultura e critico musicale si rivela, attraverso le proprie carte, un poliedrico giornalista dai molteplici interessi. Nato e cresciuto a Venezia, collabora con i più importanti quotidiani nazionali in qualità di giornalista e critico musicale, si trasferisce a Bolzano nel 1951 e nel 1960 a Parma per insegnare nei rispettivi conservatori di musica. Frequenta il Liceo Marco Foscarini dove incontra coloro che saranno i protagonisti della cultura veneziana del secondo Novecento. Dopo le prime esperienze universitarie in campo scientifico si dedica alla musica seguendo i corsi di composizione tenuti da Gian Francesco Malipiero, avviando così un rapporto con il compositore che si rivelerà fondamentale nella formazione della sua concezione estetica musicale piamontiana. Attratto dagli studi umanistici, si iscrive in Filosofia e si laurea con una tesi sul formalismo di Eduard Hanslick con relatore Luigi Stefanini dal quale recepisce gli indirizzi filosofici che ritorneranno spesso anche nei suoi scritti critici. Una tappa fondamentale nella sua biografia è l’incarcerazione per antifascismo del 1944 che segna in maniera significativa il suo giornalismo.

Una prima mappatura dell’attività giornalistica di Piamonte si trova nei quaderni redatti da lui stesso con i quali egli ci consegna gli elementi strutturali della sua attività: i dati della sua produzione e la circolazione dei suoi lavori giornalistici. Nella sezione Miscellanea del fondo sono conservati infatti tre quaderni che tengono traccia degli articoli redatti dal critico.

Non tutti gli scritti di Piamonte trattano di musica. Se egli è stato un critico musicale, è stato anche, più in generale, un giornalista, principalmente un cronista musicale che però ha spaziato in diversi campi della cultura. Piamonte inoltre firma articoli che ricostruiscono momenti storici importanti, soprattutto contemporanei. Ancora, il giornalista ha scritto spesso articoli inerenti al turismo e a tematiche relative alla Svizzera o all’Alto Adige, essendo legato a queste ultime per ragioni personali. Altri ancora sono inerenti ad argomenti a lui cari, come la filosofia, la fisica, la politica, la didattica o la filatelia. 

Molti articoli trattano di radiofonia, sia dal punto di vista tecnico e tecnologico che contenutistico (si veda ad esempio Una riunione pel miglioramento delle radioaudizioni a Venezia), sono datati 1931-1945 e sono inseriti nelle rubriche radiofoniche dei quotidiani come resoconti delle trasmissioni musicali (si veda La radio di oggi ). 

Come si inserisce Piamonte nel quadro della critica italiana? Piamonte può essere inquadrato indubbiamente tra gli intellettuali del Novecento che, pur avendo operato in gran parte nella seconda metà del secolo, risultano fortemente legati ai valori e ai principi che hanno segnato il secolo fino ai primi anni Cinquanta; questo perché i suoi studi hanno molto influenzato il suo operato. Gli studi filosofici con Stefanini, ad esempio, lo aiuteranno a collocarsi, ad esempio, nel dibattito attorno al rapporto tra l’estetica idealistica e le avanguardie musicali del Novecento (si veda Prospettive dell'estetica italiana contemporanea)

Il critico Piamonte rimane fortemente ancorato al pensiero idealistico e, di conseguenza, ha una posizione conservatrice nei confronti delle avanguardie musicali novecentesche. Nel fondo è da segnalare un articolo pubblicato su «Civiltà cattolica», datato 1946, che però non porta la firma di Piamonte. Si tratta di un resoconto del IX Festival Internazionale di Musica Contemporanea in cui la discussione verte principalmente sulla nozione di arte in relazione alla novità apportata dalla dodecafonia. Questo scritto risulta particolarmente interessante per il fatto che l’autore pone sullo stesso livello per interesse, obiettività e competenza Piamonte e uno dei più importanti critici musicali del secondo Novecento italiano, Massima Mila. 

La vicinanza di Piamonte a Gian Francesco Malipiero permette al critico di acquisire le competenze musicali e musicologiche che gli consentono fin dai primi anni Trenta di divenire una delle firme veneziane più importanti dei periodici cittadini. Gli articoli firmati tra gli anni Trenta e Cinquanta infatti permettono di ricostruire la vita musicale, culturale e socio-politica veneziana dei tempi e dei luoghi che il critico descrive nei suoi articoli. 

In questi anni Piamonte collabora principalmente con i due quotidiani locali («La gazzetta di Venezia» e «Il gazzettino»), dal 1945 però le collaborazioni aumentano ma ne diminuisce la durata. Il 1945 infatti diventa così un anno spartiacque per l’attività giornalistica di Piamonte. L’unico giornale presente sia una prima fase che in quella successiva è «Il gazzettino», che evidentemente, per Piamonte, era un porto sicuro nel quale si sentiva libero di operare senza particolari limiti. E la dimostrazione di ciò sarà proprio quello che avverrà tra il 1944 e il 1945. Nel 1944 il critico infatti viene incarcerato e, il 10 marzo, citato in giudizio con la seguente motivazione: «imputato di tradimento al giuramento di fedeltà all’idea per avere con scritti pubblicati sul “Gazzettino” dimostrato il suo passaggio nelle fila avversarie e militato pubblicamente ad attivamente con concrete manifestazioni di antifascismo». Nel fondo sono conservati cinque articoli facenti riferimento a questo periodo, due di essi (La parola ai lettori, Smetana- Sibelius) precedenti il 25 luglio 1943, data che segna la caduta del fascismo, e tre successivi (Ritorno di Toscanini, Educazione, Le fatiche di Sisifo); tutti e cinque pubblicati nel «Gazzettino». In questi scritti Piamonte, convinto che ormai, all’indomani della caduta del fascismo, la censura sia in pratica tramontata, si sente finalmente libero di criticare il regime. In particolare denuncia come la critica musicale sia stata fortemente controllata durante il fascismo e critica aspramente il sistema educativo imposto dal regime. Nel primo articolo dei tre, datato 31 luglio, Ritorno di Toscanini  (quello contestatogli nella citazione in giudizio), Piamonte, facendo riferimento al famoso episodio bolognese che portò all’allontanamento del direttore d’orchestra dalle scene italiane, denuncia come la critica musicale, in particolare quella radiofonica, sia stata durante il fascismo fortemente controllata. Il critico ad esempio spiega che, durante il regime fascista, il cronista era costretto «a sottacere la bellezza della musica» di compositori come Mendelssohn escludendo inoltre «artisti di grande fama» che invece avrebbero potuto essere «efficacissimi strumenti di italianità». Tre giorni più tardi, il 3 agosto, sempre nel «Gazzettino», Piamonte firma un altro articolo, dal titolo Educazione criticando questa volta il sistema educativo imposto dal regime, riferendosi alle riforme del 1923 e del 1940. Critica con asprezza la retorica dell’«alta tensione spirituale», riponendo però fiducia in Benedetto Croce, ormai divenuto simbolo della cultura antifascista. Nell’ultimo articolo in questione, La fatica di Sisifo, datato 12 agosto, Piamonte è ancora più spregiudicato nell’esprimere le proprie idee nei confronti del regime. Attacca la gerarchia fascista («ex-gerarchi», «adulatori», «valvassori e valvassini») rea di essersi arricchita rapidamente e pone sullo stesso piano industriali, commercianti e speculatori di ogni genere «a spese del lavoro e dei sacrifici di sangue della massa». Visto il contenuto, l’importanza storica di questi articoli è da ricondurre alle date di pubblicazione, di poco successive al 25 luglio.

Tra i suoi articoli frequenti risultano anche scritti che la vita delle istituzioni musicali veneziane (si veda 

Chiusura al IX Festival musicale veneziano ) e le diverse diatribe nate tra i suoi esponenti. Si occupa in particolare dell’avvicendarsi dei soprintendenti del Teatro La Fenice, andando oltre il mero dato storico approfondisce le politiche culturali della città lagunare. Piamonte infatti risulta inserito, anche se non direttamente, nel clima politico veneziano fascista: dal 1937 al 1940 infatti è a capo dell’ufficio stampa del Teatro La Fenice e segretario del Festival di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia. Questo clima di fermento istituzionale, inevitabilmente, coinvolge anche la città di Venezia, con le sue due istituzioni musicali più importanti: Il Teatro La Fenice e il Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Nel fondo vi sono altri due articoli del 1947 pubblicati nella «Gazzetta Veneta» in cui Piamonte ripropone la questione della divisione delle cariche istituzionali individuando nelle varie fazioni ragioni di coesione politica, ma anche motivi di coesione legati a questioni estetiche (si veda Se i musicisti avessero il loro Montecitorio... ). Sostiene che a Venezia vi siano due fazioni: una che lui definisce di destra, dal punto di vista estetico-musicale legata alla melodia e alla tonalità e un’altra, di sinistra, più aperta all’innovazione (si veda Cambio di guardia alla "Fenice" di Venezia  oppure Wolf-Ferrari contro Malipiero. Lotta di fazioni musicali sulle lagune).

Guido Piamonte quindi, oltreché il soggetto produttore di un fondo cospicuo che comprende al suo interno un vasto numero di articoli che trattano numerosi ambiti di interesse, è un critico musicale strettamente legato a Gian Francesco Malipiero e un profondo conoscitore delle dinamiche presenti nelle istituzioni musicali veneziane. Dopo il 1950 il critico si allontanerà da Venezia ma porterà con sé una ben precisa idea estetica e culturale. La critica piamontiana non perderà occasione di sottolineare la decadenza della musica italiana nella seconda metà del Novecento. L’esperienza degli anni veneziani quindi assume un’importanza determinante tanto negli anni della formazione quanto più nell’attività critica del Piamonte maturo.

 

Paola Cossu

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