I film biografici musicali hanno, per il grande pubblico, principalmente un valore divulgativo. Film come “Angeli senza paradiso” e “Valzer d'addio” hanno fatto conoscere alla grande massa degli spettatori cinematografici le biografie di Schubert e di Chopin, ancora poco note. Stessa cosa può essere affermata per le biografie di Bellini e Verdi, compositori di cui sono note le opere, ma ancora poco conosciute le loro esistenze conosciute anche attraverso i due biopics realizzati dal cinema italiano. D’altra parte, però, il rischio di travisare la realtà storica resta sempre alto, anche mostrando solo una parte della vita del compositore, come avviene nel film biografico dedicato a Verdi, che termina con la rappresentazione dell’Aida. Per quanto riguarda l’allestimento musicale di questo genere di film, il problema principale deriva dalla presenza di «un miscuglio spezzettato di tutte le musiche possibili [...], con assai poche pagine complete, e unite non seguendo criteri musicali ma soltanto criteri scenici». In sostanza, l’esigenza didascalica di ricorrere a un numero ampio di composizioni non rendeva giustizia alla musica, mortificata nella sua coerenza interna. A fronte di un didascalismo inespressivo presente, era preferibile utilizzare «una musica appositamente composta per l’occasione», come avviene nel film hollywoodiano Il sogno di una notte di mezza estate (tit. or. A Midsummer Night’s Dream, 1935, r. William Dieterle, Max Reinhardt) – «veramente grandioso» – nel quale la musica rielaborata da Erich Wolfgang Korngold sulla partitura originaria di Felix Mendelssohn-Bartholdy, risultava «omogenea» e «bellissima». |