Pestalozza parte dal presupposto che lo spettatore ormai possieda «un vocabolario musico-fantascientifico» che, nel caso della fantascienza, sia costituito dal suono stereofonico e da effetti meccanici, che devono avvalorare sia l'arco drammatico delle vicende, sia i paesaggi e le atmosfere siderali rappresentate. Lasciate quindi da parte «le orchestre fruscianti» si passa alla musica meccanica e a quella elettronica: la recensione tenta di dimostrare l'esistenza di un legame tra la musica funzionale della pellicola e le ricerche musicali contemporanee in Germania, negli Usa, in Francia e Italia. Questi due generi musicali sono legati alla ricerca di nuovi suoni e di nuove dimensioni sonore svincolate dal pentagramma, ma il critico non accetta la prospettiva estetica, comune a entrambe, che le ancora «alla riproduzione dei dati sonori» della modernità e che raramente si traduce in indagine critica e problematica del reale. Rubrica: Colonna Sonora |