Cinema, Musica e Scienza II

IDENTIFICAZIONE

Tipologia
materiale a stampa
Tipologia specifica
spoglio
Segnatura precedente
FM-2017-028

INFO PUBBLICAZIONE

Contenuto in (periodico)
Numero/Annata
1941, VIII, nn. 9-10
Pagina
123-128
Luogo di pubblicazione
Roma
Editore
Organo Ufficiale del Sindacato Nazionale Fascista Musicisti

RESPONSABILITÀ

autore

CONTENUTO

Abstract
Seconda parte dell'articolo pubblicato nel fascicolo precedente della rivista. Sono «le esigenze dei ritmi cinematografici» ad imporre al compositore di «piegare il suo estro creativo» e di dover fare «acrobazie creative e interpretative». Rimane, in ogni caso, una difficoltà concreta connessa alla «parte esecutiva» della musica. Innanzitutto, per la scarsa collaborazione tra musicista e regista e per i tempi ridotti concessi al compositore, in genere interpellato a film terminato. Quando si mettono in relazione invece la musica con la cinematografia scientifica è quest'ultima a mettersi al servizio della prima. Le specifiche caratteristiche tecniche del mezzo cinematografico, che consentono allo stesso tempo di manipolare il tempo e di vedere il microscopico e il macroscopico, possono contribuire a comprendere meglio la meccanica degli strumenti musicali e quindi per migliorarne il funzionamento. Questa tecnologia può essere utile anche sul piano della didattica musicale. La possibilità di visionare i filmati al rallentatore consente di studiare i movimenti rallentati di un direttore d'orchestra o le posizioni sullo strumento dei grandi virtuosi o, per il canto, il funzionamento delle corde vocali. Per quanto attiene al campo «quasi vergine» dell'«elettroacustica» l'autore precisa che la sua applicazione in ambito cinematografico poteva avere un'incidenza anche sul piano espressivo. Con le possibilità offerte da questa tecnologia si poteva manipolare il suono senza stravolgerlo nella sua chiarezza e intelligibilità. Si poteva ovviare ad esempio al problema del «rallentamento sonoro», quel fenomeno per il quale la «deformazione che affetta il movimento affetta al tempo stesso il suono deformandolo e rendendo la musica irriconoscibile». Si poteva trasformare il suono di un pianoforte fino a farlo diventare simile a quello di un «organo, o di violoncello o di altro strumento non più a percussione» o, attraverso «l'impiego di filtri elettro-acustici» si potevano «eliminare dai suoni originali, più o meno rallentati, una parte delle armoniche superiori, trasformando i timbri originali in timbri diversi, non appartenenti, neppur essi, a nessuno degli strumenti esistenti». L'impiego «di filtri elettro-acustici» consentiva dunque di intervenire direttamente sulle qualità timbriche del suono. Anche se i risultati potevano risultare all'orecchio ancora poco gradevoli, questi esperimenti meritavano di essere segnalati non solo perché utili e interessanti, ma anche perché potevano indicare nuove strade da percorrere al mondo della musica.

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