Documentari senza premio

IDENTIFICAZIONE

Tipologia
materiale a stampa
Tipologia specifica
spoglio
Segnatura precedente
FM-2017-1010

INFO PUBBLICAZIONE

Contenuto in (periodico)
Numero/Annata
IV, 55 25 03 1955
Pagina
229-
Luogo di pubblicazione
Milano
Editore
Cinema Nuovo Editrice

RESPONSABILITÀ

autore

CONTENUTO

Abstract
L'articolo riprende la provocazione lanciata da Zavattini a proposito del documentario neorealistico e racconta l'esperienza di una società cinematografica diretta da Cristaldi, che aveva prodotto alcuni documentari diretti da Nelli ("La montagna muore"), Orengo e altri. I cortometraggi vengono subito definiti neorealistici sicuramente per il contenuto strettamente legato all'indagine della realtà italiana dei primi anni cinquanta (i bambini mutilati di guerra, l'alluvione del Polesine), ma anche dal punto di vista della loro composizione emergono interessanti osservazioni: il documentario neorealistico necessita, secondo Orengo, del commento parlato fuori campo e sottolinea il suo valore grazie al contributo dello scrittore Corrado Alvaro per "Pace agli uomini", e per la sua intensità «drammatica e realistica» quando si tratta delle parole della Bibbia per descrivere il Diluvio, che illustrano invece i disastri nel Polesine. Nel caso di "Tempo di diluvio" si aggiunge però anche l'informazione riguardante la musica dodecafonica appositamente fatta comporre ed eseguire per il documentario: la sua funzione doveva essere di sottolineatura del tono già desolato della fotografia e indicare lo smarrimento degli abitanti delle terre invase dall'acqua. E' evidente, quindi, una selezione interna alla tradizione compositiva che sceglie lo sconvolgimento del sistema tonale come simbolo del disastro. "Porta Canarda" è invece caratterizzato musicalmente dalla «vibrante canzone neorealista» di Seborga, che, secondo i suggerimenti di Zavattini, doveva essere la testimone dei nuovi valori dell'Italia definitivamente uscita dall'esperienza bellica. Sulle parole di Orengo a commento del lavoro di Seborga si soffermerà polemicamente Gian Passeri, introducendo il problema del conformismo ideologico dei documentari, proprio partendo da osservazioni sul paesaggio sonoro e sulla canzone.

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Film